È partita la gara, tra centrodestra e centrosinistra, a chi liberalizza di più. E se da una parte il Governo ha varato da poco un pacchetto di misure che non tocca la distribuzione del farmaco (almeno per il momento, perché altri interventi sono in cantiere), dalla parte opposta il Pd ufficializza per bocca del suo leader Pierluigi Bersani, un piano in 35 punti che su farmaci e farmacisti si sofferma parecchio. Spicca per cominciare quella liberalizzazione della fascia C che nella professione è da tempo terreno di scontro tra farmacisti di farmacia e parafarmacia. «Va data facoltà» recita il programma del Partito democratico «alle parafarmacie e ai corner della grande distribuzione, in tutto 3.300 punti di vendita che occupano circa 6.000 farmacisti, di vendere anche i farmaci di fascia C», un mercato che da solo «vale circa tre miliardi di euro in termini di fatturato». Non solo: andrebbero anche adottate misure con cui «migliorare l’efficienza e la concorrenzialità in tutta la filiera del farmaco, dall’industria fino al consumo passando per la distribuzione intermedia, allo scopo di abbassare i costi e rendere più accessibile il servizio». Quali misure? Un esempio per tutte: «dare ai titolari di esercizio la facoltà di tenere aperto oltre l’orario stabilito dai regolamenti».Se è vero che queste sono le proposte di impatto più forte per la filiera del farmaco, è altrettanto vero che nel piano di liberalizzazioni del Pd ci sono anche altri temi che coinvolgono la professione. Per esempio, un intero paragrafo è dedicato alla modernizzazione di ruolo e assetto degli Ordini. Per cominciare, il Pd propone di «accorciare la distanza tra studio e accesso all’esercizio effettivo della professione», eliminare età o anzianità tra i requisiti di elettorato passivo per le cariche nazionali e territoriali, riformare il tirocinio «prevedendo una durata limitata e un equo compenso» e infine equiparare le professioni intellettuali al settore dei servizi, in modo da accedere alle misure comunitarie e nazionali di sostegno allo sviluppo e all’occupazione.Interessante, per gli esercizi di vicinato soprattutto, anche quel passaggio del paragrafo relativo al commercio che propone «l’estensione a tutte le attività commerciali della libera fornitura di servizi integrati con l’attività economica principale». (fonte farmacista33)
È partita la gara, tra centrodestra e centrosinistra, a chi liberalizza di più. E se da una parte il Governo ha varato da poco un pacchetto di misure che non tocca la distribuzione del farmaco (almeno per il momento, perché altri interventi sono in cantiere), dalla parte opposta il Pd ufficializza per bocca del suo leader Pierluigi Bersani, un piano in 35 punti che su farmaci e farmacisti si sofferma parecchio. Spicca per cominciare quella liberalizzazione della fascia C che nella professione è da tempo terreno di scontro tra farmacisti di farmacia e parafarmacia. «Va data facoltà» recita il programma del Partito democratico «alle parafarmacie e ai corner della grande distribuzione, in tutto 3.300 punti di vendita che occupano circa 6.000 farmacisti, di vendere anche i farmaci di fascia C», un mercato che da solo «vale circa tre miliardi di euro in termini di fatturato». Non solo: andrebbero anche adottate misure con cui «migliorare l’efficienza e la concorrenzialità in tutta la filiera del farmaco, dall’industria fino al consumo passando per la distribuzione intermedia, allo scopo di abbassare i costi e rendere più accessibile il servizio». Quali misure? Un esempio per tutte: «dare ai titolari di esercizio la facoltà di tenere aperto oltre l’orario stabilito dai regolamenti».
Se è vero che queste sono le proposte di impatto più forte per la filiera del farmaco, è altrettanto vero che nel piano di liberalizzazioni del Pd ci sono anche altri temi che coinvolgono la professione. Per esempio, un intero paragrafo è dedicato alla modernizzazione di ruolo e assetto degli Ordini. Per cominciare, il Pd propone di «accorciare la distanza tra studio e accesso all’esercizio effettivo della professione», eliminare età o anzianità tra i requisiti di elettorato passivo per le cariche nazionali e territoriali, riformare il tirocinio «prevedendo una durata limitata e un equo compenso» e infine equiparare le professioni intellettuali al settore dei servizi, in modo da accedere alle misure comunitarie e nazionali di sostegno allo sviluppo e all’occupazione.
Interessante, per gli esercizi di vicinato soprattutto, anche quel passaggio del paragrafo relativo al commercio che propone «l’estensione a tutte le attività commerciali della libera fornitura di servizi integrati con l’attività economica principale».